Quando tra il 1580 e il 1581 Michel de Montaigne affronta il suo Voyage en Italie, nell’itinerario verso Loreto egli percorre quella che chiama la “strada boncompagna”. Si tratta della grande opera di ristrutturazione dell’apparato viario dello Stato Pontificio, che disponeva per pellegrini e viaggiatori un chiaro tracciato e una percorrenza molto più agevole che in precedenza. Fu il Papa Gregorio XIII, Ugo Boncompagni (da lui il nome della strada) poco tempo prima del passaggio di Montaigne a realizzare l’infrastruttura, sicuramente in occasione dell’anno giubilare del 1575, ma più in generale in un momento di importanti trasformazioni della Chiesa e dell’apparato religioso di Loreto luogo di culto simbolico per la fede Cattolica (Serenelli, 2013). Poco tempo prima infatti il Concilio di Trento dettava una linea di demarcazione tra il Cristianesimo cattolico e quello protestante e il Santuario della Santa Casa di Loreto costituiva uno dei nodi spirituali e culturali della Controriforma, geograficamente e simbolicamente. Non solo Gregorio XIII, altri pontefici furono protagonisti e fautori di uno sviluppo si potrebbe dire oggi internazionale del culto lauretano. Attraverso la progettazione viaria, oltre che gli interventi urbanistici sulla piccola ma già famosa cittadina marchigiana. Poco prima di Gregorio XIII, Clemente VII aveva già pensato e attuato interventi di riorganizzazione e sviluppo della viabilità verso e in uscita da Loreto: è suo l’ampliamento e l’appianamento del percorso di accesso al Santuario con la monumentale strada di Montereale: già percorribile nel 1539 oggi corrisponde al tracciato della SP 77 tra Recanati e Loreto. Suo è anche il progetto di rinnovo della strada per Ancona. Interventi di riorganizzazione urbanistica e territoriale si devono al breve ma determinante pontificato di Sisto V, Felice Peretti. Nativo di Grottammare, egli diede un forte impulso allo sviluppo del Santuario marchigiano come vera e propria città, orientandone le linee urbanistiche. Inoltre, alla grande scala, riuscì a convogliare i flussi sulla strada per Loreto, già a partire da poco fuori Roma, semplicemente facendo costruire nel 1589 il Ponte Felice sul Tevere, tra Civita Castellana e Otricoli. Così, sul finire del Cinquecento, si era ormai delineata quella che oggi chiamiamo Via Lauretana nell’allora territorio della Chiesa: una Strada Postale, ben scandita in tappe e ben segnalata, che nei secoli successivi diventa itinerario di viaggio di Grand Tour, descritta nelle mappe e nei diari di tutti i viaggiatori. Una chiara panoramica del tracciato è contenuta in molte carte, tra cui quella di Giuseppe Zagnoni che illustra il «Viaggio da Ancona a Roma», in Direzione pe’ viaggiatori in Italia, colle notizie di tutte le poste e loro prezzi, (Bologna, 1790) indicante le tappe su cui oggi si è impostato il progetto di recupero della Via: ROMA (San Pietro), Prima Porta, Borghettaccio (o Malborghetto), Castelnuovo di Porto, Rignano Flaminio, Civita Castellana, Borghetto, Otricoli, Narni, Terni, Strettura, Spoleto, Le Vene (Fonti del Clitunno), Foligno, Casenove, Serravalle, La Trave (Pontelatrave), Valcimarra, Tolentino, Macerata, Sambucheto, [Recanati], LORETO, proseguendo quindi per Camerano, fino ad ANCONA. Da Roma a Foligno l’itinerario ricalca il tracciato della strada consolare Flaminia.
Cosa c’è all’origine del richiamo così forte esercitato da un luogo di culto situato in una località tutto sommato remota rispetto alle grandi mete di pellegrinaggio? La storia non risolve tutti i misteri legati allo sviluppo della devozione lauretana, tuttavia ricostruirne alcune tappe fondamentali aiuta a capire i motivi di tanto interesse. Alcune tessere di un elaborato mosaico storico sono ancora frammentate, ma qualche filo conduttore aiuta a ricostruirne la complessità. Sicuramente aiutano i segni della diffusione del culto, le opere d’arte in primo luogo, e quelli presenti sul territorio, cartografati o impressi nella toponomastica dell’antica organizzazione viaria.
A Vallo di Nera, non lontano da Spoleto, sulla Valnerina, la Chiesa di Santa Maria Assunta conserva un importante affresco di Cola di Pietro, pittore di Camerino: è la Processione dei Bianchi datato 1401. Ritrae un lungo e corposo corteo di uomini penitenti in veste bianca, partiti alla volta di Roma per invocare la pace. Siamo nel 1399. Apparentemente hanno poco a che fare con la Via Lauretana, tuttavia l’opera testimonia una devozione che iniziava a diffondersi in tutto il territorio umbro-marchigiano e a produrre un riscontro artistico nelle chiese più remote dell’Appennino. La presenza di pellegrini diretti a Loreto è attestata dal 1318, su quello che alcuni studiosi definiscono un “primitivo percorso lauretano” (Giulietti, Serenelli, 2015). I pellegrinaggi votivi iniziano a stabilizzarsi dalla seconda metà del Trecento e sono numerose le testimonianze: il 4 settembre 1383 da San Severino Marche; il 13 ottobre 1395 da Camerino; e poi da Spoleto (1412), da Foligno (1414), di nuovo da San Severino Marche (1419), addirittura da Zara (1427) e uno comunitario da Fermo (1465) (Sensi, 2011). Le provenienze erano varie, a formare un reticolo di strade confluenti verso Loreto.
Il richiamo esercitato dal Santuario cresce costantemente, e nel corso del Quattrocento si pongono le basi del suo futuro sviluppo, anche in termini architettonici e urbanistici. Risale proprio alla seconda metà del XV secolo (1465-73) il cosiddetto Racconto della Traslazione: la trasposizione scritta del miracolo dell’arrivo in terra marchigiana della Santa Casa, ad opera di Pietro di Giorgio Tolomei, detto il Teramano rettore del Santuario. Che si creda o meno al trasporto miracoloso di una delle più importanti reliquie della cristianità, le pietre della dimora di Maria di Nazareth, mamma di Gesù; che si accettino piuttosto i risultati delle ricerche storiografiche adducenti altre più plausibili spiegazioni; che si possa essere completamente scettici sull’argomento, poco importa. Resta il fatto che a partire dal Quattrocento la Santa Casa di Loreto, ormai così battezzata, inizia ad attrarre devoti e anche semplicemente curiosi da ogni parte del mondo cristiano. Ancora una volta il volere dei pontefici è determinante: Giulio II con la bolla In sublimia del 1507 (21 ottobre) pone il Santuario direttamente sotto la giurisdizione della Santa Sede, confermando la tesi del Teramano. Con un altro provvedimento qualche anno dopo Leone X poneva infine il pellegrinaggio a Loreto sullo stesso piano dei grandi pellegrinaggi medievali a Gerusalemme, a Roma e a Santiago de Compostela (Sensi, 2011).
Era ormai nato il “fenomeno lauretano”. E nel corso dei secoli la strada che si attesta a ramo principale del flusso peregrinatorio è quella postale cinquecentesca.
Il nome “Lauretana”, perso per molto tempo, anche in conseguenza di un declino del fenomeno peregrinatorio in età contemporanea, è oggi specificamente attribuito alla strada postale che nella sua interezza unisce Roma e Foligno con Loreto attraversando l’Appennino umbro-marchigiano al valico di Colfiorito. Un altro percorso “lauretano” è stato rimesso in luce di recente nella viabilità altomedievale di connessione tra Camerino e San Severino e da qui a Recanati e Loreto lungo un’altra vallata rispetto a quella percorsa prevalentemente nel tardo Cinquecento dai viaggiatori. Quest’ultima infatti precede, secondo gli studiosi (Croce. Di Stefano, 2014), il tracciato gregoriano, aprendo un asse diretto di collegamento che da Spoleto confluisce direttamente a Camerino percorrendo la Via della Spina e il valico della Somma, evitando quindi il passaggio per Foligno.
Altrove il toponimo ha smarrito la sua connotazione territoriale, restando in parte nell’immaginario devozionale di chi conosce e frequenta ancora il Santuario. Eppure, in un territorio apparentemente distante dai riferimenti alla devozione lauretana, il nome ricompare a caratterizzare l’attuale Strada Provinciale 438 tra Siena e la Val di Chiana, chiamata proprio Lauretana. Ulteriori studi hanno aggiunto dettagli alla storia del pellegrinaggio a Loreto, ampliandone l’influenza in Toscana, tra Firenze e Siena e completando finalmente un reticolo complesso di cammini di “arte e devozione” (Savelli, 2014).
Sono infatti le opere d’arte ad aver rappresentato il filo conduttore della riscoperta di quella che viene definita la Via Lauretana senese-aretina, a cui si aggiunge quella fiorentino-aretina. La prima da Siena, luogo di snodo viario, tappa francigena per eccellenza, usciva da Porta Pispini, attraversava le Crete senesi, passando per Asciano, poi la Valdichiana, conduceva a Camucia e Cortona e immettendosi in Umbria lungo il Lago Trasimeno arrivava a Perugia, Assisi, infine Foligno, per ricongiungersi alla Lauretana umbro-marchigiana. Si tratta di una strada attestatasi su una viabilità molto antica, già etrusca, e frequentata sicuramente nel Cinquecento dagli artisti del Giubileo, tra cui Raffaello. Nei secoli successivi si definisce come ulteriore ramo consolidato del pellegrinaggio lauretano, soprattutto da quando il Granduca Pietro Leopoldo ordinò nel 1775 una ristrutturazione del sistema viario della Val di Chiana, per la sua rinascita economica, portando all’istituzione della “strada Regia Lauretana” (Angiolini, 2010).
ANGIOLINI A., Successe in Valdichiana. Storie, luoghi e personaggi, Thesan & Turan, Montepulciano (Si), 2010.
SENSI M., Il pellegrinaggio votivo lauretano, in AA.VV., Paesaggi della Memoria, ETS, Pisa, 2011
CROCE T., DI STEFANO E. (a cura di), La Viabilità Interregionale tra Sviluppo e Trasformazioni. L’Antico Tracciato della Via Romano-Lauretana (Secc. XIII-XVI), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2014