Vescona

«L’antico borgo, formatosi attorno al castelletto dei conti Guinigi della Scialenga risiede sulla cresta di una piaggia cretosa, pre’ dove passa la strada Regia Lauretana, che da Siena per le Taverna d’Arbia si dirige ad Asciano, restando alla sua destra la chiesa di S. Florenzio con le sorgenti del torrente Arbiola, e alla sinistra la villa signorile di Vescona de’nobili Saracini di Siena»
Emanuele Repetti, Dizionario Geografico fisio storico della Toscana, 1841.

Toponomastica e origine

Secondo la tesi del celebre glottologo H. W. Schulze, che riconduce tutti i toponimi terminanti col suffisso –ona, all’etrusco il nome del borgo di Vescona sarebbe da correlarsi al vocabolo vescu che, di origine incerta, significa magro, sottile, malnutrito, da cui derivano il latino Vesconius ed il volgare Vescona.
Il borgo di Vescona, fondato in epoca alto-medievale, assume nel Settecento una cospicua importanza giacchè la vicina chiesa di San Vito in Versuris prendeva nome, nel 712, di San Vito in Vescona. La chiesa di Vescona estendeva la propria giurisdizione ecclesiastica anche presso la vicina località di Pievina e sulla chiesa di San Florenzio.

Excursus storico e breve descrizione del borgo.

Vescona si configura pertanto come importante sub mansio Lauretana filologicamente attestata in quanto la medesima illustre fonte ricorda come nel piccolo borgo “sulla strada maestra esisteva uno di quei tanti spedali per i pellegrini, di cui era piena la Toscana” e come esso fosse rammentato negli statuti senesi sino dal 1298. Verso il 1393 il comune fece costruire in Vescona una rocca; disfatta e inglobata attualmente fra gli edifci della villa e la già citata fattoria Saracini. Di grande suggestione è il boschetto di cipressi che si colloca sulla sommità del poggio di Vescona, configurato come un viale alberato che, ascendendo, si attorciglia a spirale su sé stesso. La funzione era probabilmente , triplice; in primis vi è l’azione di consolidamento e difesa idrogeologica che gli apparati radicali di cupressus effettuano nei confronti delle argille incoerenti, come ben sanno i benedettini, sapienti selvicoltori e ingegeneri. Secondariamente il soprassuolo arboreo rivestiva una funzione utilitaristica di ragnaia ovvero di boschetto per l’uccellagione e, non ultima, vi era una funzione spirituale-simbolica di selvatico, di labirinto gerosolimitano, di Golgota, di luogo atto ai ritiri, alla preghiera, alla meditazione al compimento della via crucis, come attestano il rudimentale altare e la croce collocati nella radura alla sua sommità. Trattasi di uno spazio di devozione delimitato e quasi isolato rispetto al territorio circostante, dal folto perimetro dei cipressi che, fra gli altri usi, tipicamente identificano e circoscrivono gli spazi del sacro.

Di particolare interesse storico è la piccola chiesa di San Florenzio in Vescona le cui prime notizie storiche datano 1025. Essa è citata in un documento con il quale i “Conti Guinigi della Scialenga e della Berardenga” assegnano, “in benefizio” al Monastero di S. Salvatore della Berardenga, una casa con orto, vigna ed un pezzo di terra, situato presso il loro castello di Vescona. L’attuale edificio è posteriore e ricostruito sicuramente dopo l’ennesimo smottamento della collina su cui Vescona si trova, più volte consolidata in tempi recenti per la sua instabilità nel caso di piogge torrenziali. Il Repetti annota che, nel 1833, la parrocchia dì S. Florenzio a Vescona conta 156 abitanti.